21 febbraio 2010

L'insostenibile necessità di controllare l'informazione

Gli editoriali del direttore del TG1 Minzolini, la diatriba tra Repubblica ed il Corriere, tra il presidente del Consiglio e Repubblica, la gente in piazza il 3 ottobre per difendere la libertà di stampa, sono i sintomi o, anche meglio, la certezza che l’informazione democratica sia in difficoltà.
È fuori discussione che l’Italia rappresenti ormai da anni un’anomalia in termini di libertà di stampa ed informazione a causa degli attuali protagonisti della politica, a causa del mai risolto conflitto di interessi, a causa del malcostume divenuto abitudine negli ultimi anni.
Risultato di tutto questo è quindi una deriva illiberale, cavalcata e manovrata sapientemente da chi gestisce indiscutibilmente il potere. Si è passati dalla “Prima Repubblica” in cui i maggiori partiti si spartivano le reti Rai ad un cambio a senso unico e dalle prospettive fosche.
Nel precedente governo Berlusconi, l’allontanamento di Santoro, Biagi e Luttazzi avrebbe dovuto rappresentare un pericoloso e chiaro allarme contro la libertà di informazione. Al contrario l’Italia odierna vive lo stesso pericolo, amplificato da altri anni di disinformazione e diffusione del germe berlusconiano nei centri del potere dell’informazione. Il problema fondamentale risiede nella consolidata figura onnipotente del premier che veleggia nella mente delle persone, che o ignare del presente o ammaliate dal suo “charme” sono pronte a convincersi di qualsiasi cosa egli racconta. La crociata di Repubblica sulle discutibili abitudini notturne e non di Berlusconi, ha scatenato l’ira del Presidente e dei suoi seguaci. La difesa di “giornalisti e parlamentari berlusconiani”, ha spostato sapientemente il tema della discussione sulla mistificazione, l’offesa, il gossip. Il senso politico e morale della questione è stato appositamente evitato e deviato. Il Direttore del TG1, in un suo apposito editoriale, ha definito il tutto una questione di pettegolezzo, pertanto non degna di essere una notizia da Telegiornale del servizio pubblico. Si è ripetuto contestando la manifestazione del 3 ottobre, definendo intolleranti coloro che sono scesi in piazza. Emerge quindi che le parole di Berlusconi riecheggiano insistentemente dalle voci dei suoi seguaci diventando di dominio pubblico, facendo diventare immorale l’attacco giornalistico di Repubblica e semplicemente vita privata le prodezze del Presidente. Un altro esempio delle difficoltà della stampa sono gli ostacoli burocratici e minacciosi nei confronti delle trasmissioni Rai lontane dall’orbita imperiale. Annozero e Report hanno resistito prima della messa in onda ai tentativi di censura, assumendo impropriamente un ruolo eroico e partigiano.
Nelle parole di chi allarma gli italiani del pericolo autoritario e di chi difende l’attuale sistema non viene considerato un aspetto che sembra chiaro e scontato: la differenza sostanziale tra la stampa e la televisione. Il pubblico medio della televisione non è paragonabile a quello della stampa. Così di conseguenza l’effetto di uno è decisamente più forte rispetto a quello dell’altro. Sembra così chiaro e semplice che la “mano politica” sui Tg sia determinante che purtroppo chi si oppone in televisione o in Parlamento decide di sottovalutare. Colpevolmente e forse consapevolmente. È il caso di far rilevare l’azione di accerchiamento sui Tg e sulla televisione quando i sostenitori dell’attuale sistema italiano ritengono che le campagne di Repubblica, dell’Unità, le poche puntate di Annozero o Report siano la dimostrazione del buon funzionamento della democrazia. È inammissibile il modo di dare e non dare le notizie. Le campagne ostili contro razze, magistrati, cani assassini e le iniezioni abbondanti di cronaca nera nei Tg ostruiscono le vergogne, le inchieste, i drammi sociali di un paese lontano dal garantire la vera e necessaria libertà di informazione.

Giancarlo Longo

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